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Eccellenze enogastronomiche, professionalità e un’aria di spensieratezza: Dama Bianca

Roberto raccontaci la storia di questo locale che nel tempo è diventato il salotto di molti pesaresi.

La Dama Bianca é nata come un progetto ben preciso: creare una attività nell’ambito cittadino pesarese che potesse richiamare l’idea di casa, e lo si può vedere subito dalla struttura stessa, il bancone è stato costruito da mio padre che lavora in una azienda di cucine locale, con l’idea di realizzare una cucina open space, con frigo a vista in acciaio, la canna fumaria come elemento verticale che si va a bilanciare con l’altra colonna, come se fosse la cucina di una casa. La sala dove ci sono i commensali doveva ricreare una sala da pranzo, così l’architetto, Cesaroni Francesco, ha utilizzato linee minimali e pulite, per far sì che il concetto di salotto sia realizzato a pieno e fosse molto pulito e fresco. Infatti chiunque entra dice che il posto è sempre bello e accogliente. Nel corso degli anni abbiamo cercato di modificare un po’ di cose per razionalizzare ancor più gli spazi. E così “la Dama” è cresciuta: dal 29 novembre 2007 quando ho aperto (avevo 22 anni), la ricerca continua è stata proprio quella di volere ricreare un locale “famigliaew”.

Alessandro, come nasce la passione per i cocktail e quanto studio serve per creare nuovi gusti e sapori?

La voglia nasce da una passione personale che ho covato in questi anni. Da tanto lavoro nel mondo della notte con vari ruoli e mi sono specializzato nel tempo nel bartending o american bar. Il tutto nasce dal volere distinguersi, rompere gli schemi, conoscere e far conoscere gusti nuovi. Io studio molto, mi informo sulle nuove tendenze, mi confronto con quelli che sono i personaggi più influenti e che hanno qualcosa da dire e poi cerco di riproporlo nel locale. In questo locale sono da soli 2 anni, ma posso dire che abbiamo voluto inserire anche il mondo dei cocktail, oltre a quello dei vini in cui il Dama Bianca era già specializzato, per proporre cose nuove e essere punto di riferimento per persone che hanno voglia di provare e siamo soddisfatti perché il pubblico é molto ricettivo, basta superare lo scoglio iniziale dei sapori nuovi, poi si crea una fiducia da parte del cliente e soprattutto in me lo stimolo per inventare qualcosa di nuovo e stupire la clientela di continuo.

Roberto parliamo ora di vino, quali sono le scelte proposte e quanto è complicato districarsi in un settore così vasto?


Il primo ad essersi appassionato al vino e aver fatto una selezione e in particolare aver investito in immagine sostenendo una certa tipologia di vino, cioè il metodo classico, le bollicine, è stato Fabio, il mio ex socio. Sul mercato c’erano nomi blasonati di Franciacorta e noi abbiamo sposato l’idea di proporre un prodotto di una azienda gestita da giovani con un valido prodotto sia per qualità sia per prezzo valido. Da lì siamo partiti e riconosciuti come quelli delle bollicine e su questo il mercato lo facciamo abbastanza bene, poi ci sono abbinamenti più classici come il rosso, che si sposa con la piccola ristorazione che facciamo, e quindi un discorso più commerciale. Penso però che dopo 10 anni il discorso vini non si ferma, anzi, così come quello dei cocktail.

Come Petit Restaurant quanta ricerca c’è nell’abbinamenti cibo-vino o cibo-cocktail?

Sicuramente l’abbinamento con i vini é la cosa più tradizionale e richiesta, è buono e ricercato ma ormai siamo abituati a farlo. Abbinare cocktail al cibo fa più strano, ma quando si riesce a capire cosa si può fare con il cocktail, una volta gustato il binomio, la cosa riesce molto bene. Anche perché il vino è un prodotto finito, mentre il cocktail lo puoi comporre, puoi scegliere cosa creare e cosa abbinarci richiamando i suoi elementi con quelli che si ritrovano poi nel piatto che si gusta.

In questi anni quanta forza e coraggio sono serviti per gestire un locale come questo tra burocrazia, leggi e normative?

Di forza e coraggio ne servono tanti soprattutto per poter riuscire a ricavare del tempo da dedicare alla attività in senso stretto. Mi spiego meglio, in questi anni è stato molto difficile districarsi tra i cavilli burocrazia più per i soggetti che sono in ballo che per le procedure in sé per sé. Troppi enti, troppe strade per un solo motivo, e questo è bel problema perché toglie tempo al lavoro quello “sul campo” ed inoltre ci si trasforma in commercialisti e ragionieri quando vorresti essere solo il gestore del tuo locale.

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