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40 anni e non sentirli, la Pizzeria Pam Pam a Pesaro in Baia Flaminia ci apre le sue porte

Un locale famigliare anche sotto l’aspetto della clientela che Martuccio Michele serve con orgoglio da ben tre generazioni.

Buongiorno Michele. Ci racconti com’è nato questo storico locale in Baia Flaminia.

Io sono nativo di Foggia. 42 anni fa mi sono trasferito a Milano per lavoro, dove ho conosciuto mia moglie. Abbiamo lavorato insieme per alcuni anni, poi un giorno, venendo a Pesaro, la città di mia moglie, me ne sono innamorato. Pur avendo vissuto una parte di vita lavorativa molto buona a Milano, ho capito che ad un certo punto era cambiato tutto dallo stile di vita, al traffico, così mi trasferii qui a Pesaro per creare qualcosa di mio. Milano ha voluto dire tanto per me, ho iniziato a fare le pizze a 16 anni, come si faceva una volta, facevo l’apprendista pizzaiolo e mi facevano pulire le acciughe, preparare pomodoro e mozzarella, non potevo fare altro, una gavetta davvero importante. Poi ho fatto esperienza e dopo 10 anni sono uscito con la qualifica di capo servizio, quindi a un livello alto. Nel 1976 poi arrivò Pesaro, abbiamo aperto questa pizzeria che faceva solo pizza al taglio, senza bevande, alle 20 si chiudeva. Pensate che una volta c’era grande difficoltà per avere la licenza, poi dopo tanto tempo l’ho presa e ho avuto la possibilità di ampliare il locale (da 50 metri a 100) ma ho dovuto acquistare un ramo d’azienda, alcolici e ristorazione, in due fasi. E’ rimasto tutto come allora, siamo un locale a livello famigliare, ci lavoriamo io, mia moglie Margherita De Stefani, mia cognata e un ragazzo che fa il cameriere nel fine settimana.

In questi anni che cambiamenti ci sono stati nella tipologia di ristorazione che fate e quali caratteristiche sono rimaste invariate?

La ristorazione ha sempre avuto attrazione nel cliente, la pizza non ha perso, però ci sono state diverse fasi. Negli anni ‘80 c’era il benessere, si usciva di più. Nel tempo abbiamo avuto alti e bassi, ma credo che questa cosa ci accumi a tante attività. Ad esempio l’anno scorso c’è stato un picco alto a livello di turismo, dove il lavoro è stato abbastanza buono. Non so se sarà così anche quest’anno, dipende da tanti fattori. La mia esperienza, non solo a Milano ma anche all’estero (Svezia, Stati Uniti, Bruxelles, Francia) mi porta anche a fare una valutazione di tutti i locali nell’insieme: ad esempio a Bruxelles c’è una via dove ci sono 30 locali e lavorano tutti. Io credo che se la gente gira, i locali lavorano un po’ tutti. L’importante è il movimento. Ad esempio hanno aperto una pizzeria a 20 metri dalla mia, ma c’è stato un periodo in cui, paradossalmente, abbiamo lavorato addirittura di più. Poi c’è da dire che noi siamo in seconda linea qui in Baia Flaminia, non lato mare. Io credo che occorra offrire un servizio diverso e specializzarsi in qualcosa, proporre un prodotto buono, nel mio caso è la pizza, ed ancora mi fanno i complimenti, e devo ammettere che ogni volta è una soddisfazione.

Parliamo di questo angolo di città, cosa si può fare per accrescere movimento in Baia Flaminia? Gli eventi estivi ad esempio sono funzionali ad un’attività ristorativa?

Tutto può aiutare. Ad esempio il parco per i bambini volevano portarlo via. Ora stanno lavorando alla ciclabile,sebbene tutti hanno reclamato perché porta via parcheggi e qua in Baia Flaminia il problema dei parcheggi è molto grande, ma stanno studiando un piano per la sosta di auto in questa zona, insomma, qualcosa si sta muovendo. Noi lavoriamo molto quando fanno i congressi all’Hotel Flaminio, anche se il turismo in questa zona si limita a quello congressuale, il turismo vecchio stampo rimane solo in viale Trieste.

Quanto sono scomode le attività pseudo-ristorative, tipo i ristoranti in spiaggia?

Certamente un po’ di danno lo fanno, forse più a chi ha appena aperto. A noi sinceramente non hanno portato via tanti clienti, la gente deve provare, ha provato ma poi è tornata. Quello che mi sento di dire è che se una volta c’era troppa burocrazia e per avere una licenza ci volevano tante conoscenze e anni, ora, per alcuni versi, ce n’è troppo poca, o forse ci vorrebbe un po’ più onestà. Noi abbiamo clienti fissi che ormai non prendono neanche il menù e molti addirittura sono alla terza generazione.

Quanto c’è della sua terra nella cucina?

Molto, tipo le orecchiette, gli strascinati che ho imparato da mia mamma, ma la base è pizzeria. Poi facciamo anche dei primi, dei secondi e antipasti di carne, verdure grigliate, caprese, peperoncini ripieni di tonno, antipasti a buffet freddi. Usiamo tutti prodotti di alta qualità, dai filetti di acciughe, a pomodori pelati, fino alle olive di Gaeta, la bufala doc che viene da Napoli. Anche nella pizza gli ingredienti contano e cerchiamo di fare scelte di qualità. Purtroppo nel campo alimentare c’è sempre stata molta frode e ancora in giro si trova tanta robaccia.

Quante difficoltà trovate ogni giorno?

Le difficoltà ci sono state, ormai siamo stabili, anche se un giorno lavori per due, un giorno vedi nel locale poche persone. Di positivo posso dire che abbiamo clienti da 30 anni, o forse più, che ormai sono alla terza generazione.
Quanto è stato importante ricevere il riconoscimento come “Maestro del Commercio” dalla Confcommercio?
Molto, è stato molto bello, dalla preparazione, alla cerimonia e poi anche un bel ricevimento che ha concluso il tutto. Sono associato alla Confcommercio da 25 anni, da quando ho trasformato la ditta da artigiana a commerciale e per me è una realtà importante per la mia azienda.

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